IL GIUDICE DEL LAVORO 
 
    Il giudice  dott.  Mauro  D'Urso  a  scioglimento  della  riserva
assunta all'udienza del 12 ottobre 2022, 
      letti gli atti del procedimento civile  instaurato  ex  art.  6
decreto  legislativo  150/2011  da  T             E           avverso
l'ordinanza   ingiunzione   n.               emessa    dall'Inps    e
notificatagli  in  data            avente  ad  oggetto  l'irrogazione
della sanzione  amministrativa  prevista  dall'art.  3  comma  6  del
decreto legislativo 15 gennaio 2016 n.  8  per  l'integrazione  della
condotta  di  «omesso  versamento  delle  ritenute  previdenziali  ed
assistenziali»  in  un  importo  inferiore  alla   soglia   di   euro
10.000;ritenuta  sussistente  e  non  manifestamente   infondata   la
questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma  in  parola
laddove prevede che «Se l'importo omesso  non  e'  superiore  a  euro
10.000 annui, si applica la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da
euro 10.000 a euro 50.000»  senza  la  previsione  di  un  regime  di
maggiore graduazione della sanzione per  le  ipotesi  di  particolare
esiguita' dell'omissione contributiva; 
 
                               Osserva 
 
    Rilevanza 
    In primo luogo  la  questione,  ove  fondata,  e'  rilevante  nel
presente procedimento. 
    Infatti,    con    l'Avviso    di    accertamento    emesso    in
data                                    l'Inps   ha   contestato   ad
E          T          in  qualita'  di  legale  rappresentante  della
omonima ditta individuale la violazione dell'art. 2 comma 1-bis,  del
decreto-legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito con  modificazioni
dalla legge 11 novembre 1983 n. 683 (omesso versamento delle ritenute
previdenziali ed assistenziali). Violazione rimasta accertata per  il
periodo gennaio/giugno            in euro 190,52. 
    Quindi, constatato l'ulteriore omesso  pagamento  dei  contributi
non versati entro tre mesi dalla notifica del sopra  indicato  Avviso
di  accertamento  e   l'omesso   pagamento   anche   della   sanzione
amministrativa  «estintiva»  del  procedimento   sanzionatorio   gia'
liquidata in quella sede accertativa in  euro  16.666,67  (questa  in
asserita applicazione dell'art. 16 della legge 689/1981),  l'Inps  in
data   ha   notificato   ad   E          T             -    opponente
nell'intestato procedimento - l'ordinanza  ingiunzione  n.           
liquidata in euro 17.500. 
      
    Avverso quest'ultima ordinanza ingiunzione E          T          
ha formulato tempestiva opposizione resistita in  giudizio  dall'Inps
costituitasi con comparsa del 29 giugno 2022. 
      
    I motivi di opposizione concretantisi nella  contestazione  della
notifica del «primigenio» Avviso  di  Accertamento  e  nella  mancata
integrazione della fattispecie contestata non appaiono fondati. 
    Quanto ai primi,  infatti,  e'  documentale  l'avvenuta  notifica
dell'Avviso di accertamento nel luogo  di  residenza  del  resistente
nelle mani della madre familiare convivente, ed in  nulla  rileva  la
circostanza addotta dall'opponente secondo la quale la madre  mai  lo
avrebbe informato di tale notifica impedendogli, cosi', di  adempiere
tempestivamente all'omesso versamento contestatogli. 
    Quanto al secondo motivo «di merito», e'  documentale  il  flusso
UniEmens   inviato   dall'azienda    dell'opponente    con    sistemi
automatizzati ai sensi dell'art. 44 della legge n. 326 del 2003 sulla
base del quale l'Inps ha comunicato con il modello DM10 Virtuale,  la
somma contributiva a  debito  a  carico  del  datore  di  lavoro  per
l'anno          e,  quindi,  ha  accertato  l'omissione  contributiva
nell'importo  di  euro  190,52.  Cio'   posto   dato   il   principio
giurisprudenziale consolidato per cui in tema  di  omesso  versamento
delle ritenute previdenziali ed assistenziali,  la  presentazione  da
parte del datore di lavoro degli appositi modelli DM 10 attestanti le
retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l'ammontare  degli  obblighi
contributivi, e' valutabile come prova della effettiva corresponsione
degli emolumenti ai lavoratori (in tale  senso  la  recente  sentenza
della Corte di cassazione Penale n. 28647/2020 ed i plurimi  richiami
giurisprudenziali in essa ulteriormente svolti),  anche  tale  difesa
dell'opponente non appare accoglibile. 
      
    Ne consegue, si  ribadisce,  la  rilevanza  della  questione  nel
presente procedimento in quanto,  laddove  fondata,  essa  porterebbe
all'annullamento  della  ordinanza  ingiunzione  -  diversamente   da
confermare - con accoglimento della opposizione. 
    Non manifesta infondatezza 
    Fermo quanto  detto  circa  la  rilevanza,  si  osserva  come  il
legislatore nella fissazione di un  minimo  e  di  un  massimo  della
sanzione amministrativa che «parte» da euro 10.000 ed  «arriva»  fino
ad euro 50.000 abbia sottoposto ad una  irragionevole  disparita'  di
trattamento i trasgressori della norma per le omissioni  contributive
sotto la soglia di rilevanza  penale  fino  alla  omissione  di  euro
10.000. 
    Cio' che si intende sottolineare  e',  cioe',  il  fatto  che  in
astratto il trasgressore che massimamente viola il precetto normativo
nella suo massimo valore sottosoglia (per euro 10.000) puo'  soffrire
una sanzione amministrativa che nella sua previsione massima pari  ad
euro 50.000, rappresenta il quintuplo della violazione. Diversamente,
il trasgressore per un importo minimo oggetto della  omissione,  pari
ad esempio ad  euro  100,  anche  nella  irrogazione  della  sanzione
amministrativa minima prevista dalla legge pari ad euro 10.000  viene
in realta' sanzionato per un  importo  che  rappresenta  il  centuplo
della propria violazione. 
      
    Cio' con una evidente asimmetria  di  trattamento  dei  cittadini
che, pure, violando con diversa gravita' il precetto  normativo,  non
vedono tale diversa gravita'  altrettanto  diversamente  ponderata  e
graduata nella determinazione della sanzione. 
    Ne', in tale senso, costituisce un valido correttivo della  norma
il richiamo ai  criteri  di  commisurazione  della  sanzione  di  cui
all'art. 11 della legge 689/1981 - pure applicabile alla  fattispecie
del caso concreto per effetto dell'art. 6 del decreto Legislativo  n.
8/2016 - poiche', per quanto  detto,  la  previsione  della  sanzione
minima pari ad euro 10.000 prevista dalla norma dell'art. 3  comma  6
del decreto legislativo 8/2016 non consente una effettiva graduazione
della sanzione commisurata alla «gravita' della violazione». 
    La segnalata irragionevole  sperequazione  si  presenta  lampante
proprio ed anche nella  fattispecie  del  caso  concreto  laddove,  a
fronte  di  una  omissione  contributiva  di  euro  190,52  la  norma
sanzionatoria, anche laddove fosse applicata nella minima  afflizione
pari ad euro 10.000 da parte di  questo  Giudice,  comporterebbe  per
T           E           l'irrogazione di una sanzione pari a 52 volte
la violazione commessa. 
      
      
    Ben al di sotto del quintuplo previsto in astratto quale sanzione
massima per la violazione piu' grave. Questo giudice osserva, infine,
come la novita' esposta all'udienza del 12 ottobre 2022 dall'Inps non
incida sui termini della questione come sopra proposti e rimessa alla
Suprema Corte. 
    Infatti,  l'Inps  richiamando  una  propria  nota  del  direttore
generale, la n. 3516 del 27 settembre 2022, ha  invitato  le  proprie
articolazioni locali a «rivedere» la sanzione  irrogabile  alla  luce
del comma 5 dell'art. 9 decreto legislativo 8 del 2016 osservando che
per le omissioni accertate con  riferimento  al  periodo  antecedente
alla entrata in vigore della  depenalizzazione  (prima  cioe'  del  6
febbraio 2016) la sanzione possa essere limitata nella  misura  della
meta'. 
    Si osserva come, pero', anche in  questo  caso  pure  ipotizzando
nella fattispecie del caso concreto  che  attiene  ad  una  omissione
effettivamente  avvenuta   anteriormente   al   febbraio   2016,   la
applicazione della sanzione in euro 5.000, si tratti comunque di  una
misura di oltre 25 volte l'omissione contributiva accertata.  Dunque,
si ritiene, ancora sperequata.